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LE MACCHINE DA GUERRA

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State ammirando l’emblema dell’arte bellica medievale: la catapulta, che i mastri carpentieri del XXI secolo hanno fedelmente riprodotto con sapienza e dedizione.
Le prime catapulte appaiono verso la fine dell'era greca e in epoca romana. Tra i primi ad adottarle furono Dionisio di Siracusa e Onomarco di Foci. Alessandro Magno fu il primo ad usarle come copertura sul campo di battaglia oltre che come strumento di assedio, ma il vero sviluppo si ebbe a partire dal basso medioevo nel quale conobbero un ruolo egemone come arma pesante fino all’ avvento della polvere da sparo.
La fortuna di tale strumento bellico è da attribuire interamente all’elevata capacità offensiva che spesso costituiva l’unico modo per espugnare le mura dei castelli e delle fortificazioni che le varie circostanze storiche videro sorgere in tutta Europa.
L’importanza che tale mezzo rivestiva nella strategia militare costrinse i potenti dell’epoca ad impegnare le migliori intelligenze in campo matematico e ingegneristico per la sua evoluzione tecnologica, che culminò con la differenziazione di diversi modelli specifici alle varie situazioni.

Le catapulte possono essere classificate sia per l’applicazione offensiva o difensiva sia per il concetto fisico: le prime catapulte erano tensionali, sviluppate dalla ballista romana. Successivamente venne sviluppato il tipo di catapulta a contrappeso, che sfruttava l’accelerazione gravitazionale subita da una massa posta nel braccio dalla parte opposta rispetto al cucchiaio.

Il modello riprodotto è del tipo difensivo tensionale, infatti sfrutta la tensione di due balestre rivestite da funi, le quali tramite una terza fune rigidamente collegata al massiccio braccio di legno, che culmina con il cucchiaio caricato con il proiettile, imprime una forza motrice tale da scaturire il lancio. Si differenzia da quella offensiva per la traiettoria di lancio che risulta più elevata ma di minor gittata, questo al fine di sfruttare maggiori velocità di impatto con l’obbiettivo a minore distanza, particolarmente funzionale in caso di assedio.
E’ facile immaginare che catapulte di questo tipo siano state impiegate nel 1300 dentro le nostre mura per difendersi dai ripetuti assalti degli eserciti delle città che si contendevano il possesso del nostro castello.

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Le sapienti mani e il raffinato ingegno dei nostri mastri carpentieri offrono al Castello di Laterina un'altra perla dell’arte bellica medioevale: il carrobalista.

Inventata durante le guerre daciche di Traiano, questa macchina da guerra vide nell’impero romano la sua nascita quale evoluzione della balista nata in Grecia ma utilizzata soprattutto dai romani. L’etimologia del nome stesso testimonia le origini del congegno, infatti il nome latino era “ballista” a sua volta derivante dal greco “ballistes”, da “balle in” ovvero “tirare”.
Nell’Alto Medioevo fu proficuamente messa in azione dalle truppe parigine dell’abate Ebles durante la guerra che vide i Vichinghi, guidati da Sigfrido, mettere a ferro e fuoco la città francese. Si narra che un solo colpo abbia trapassato sei arcieri barbari inchiodandoli ad un albero, gettando terrore fra le truppe occupanti.

Il carrobalista aveva una gittata meno lunga della balista ma una forza maggiore. Era uno strumento utilissimo per scardinare intere file di fanti e arcieri semplici, ma soprattutto veniva utilizzata per annientare fortificazioni di legno quali porte d’ingresso ai castelli ed avamposti.

Il congegno sviluppato sulla base delle baliste greche sfrutta oltre alla forza elastica degli archi, generalmente in legno o in metallo di dimensioni proporzionali al carro, anche la forza torsionale fornita da due gruppi di quattro corde ciascuno avvolti da due tronchetti posti nella parte superiore ed inferiore della macchina. Le estremità interne degli archi sono incastrate tra gli avvolgimenti delle corde, mentre le estremità esterne sono unite da un'unica fune che funge da tirante per il proiettile. Quest’ultima è tesa da un dispositivo ad argano che permette ai soldati di caricare l’arma.

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La cadenza di tiro era quella di una normale balestra ovvero il tempo di riposizionare una nuova freccia e tendere il tirante.

I proiettili utilizzabili da questo congegno sono dardi del tutto simili alle comuni frecce da balestra, di dimensioni variabili da uno a cinque metri di lunghezza e da tre a dieci centimetri di diametro a seconda del tipo di obbiettivo. Per la stabilità della traiettoria di lance così massicce venivano utilizzati ritagli di cuoio anziché le consuete penne di uccello.

Con la scoperta della polvere da sparo l’evoluzione naturale di questo sistema fu il cannone.